Un lungo week end di fame

Riporto interamente un post del blog Vera Polpa 100%, che non necessariamente si riferisce al BED, ma rende l’idea. Il post non ha bisogno di commenti (ma fra i commenti, se andate a vedere e c’è anche un anonimo “fai schifo”!!!)

Ho fame.
Ho fame sempre. Ad ogni ora. Di continuo.
Una fame profonda e vorace. Una fame incontentabile e senza fondo. Una fame che mi trascina fuori dal letto la mattina alla ricerca di una tazza gigante di CocoCops ripieni di cioccolato e mi accompagna fino al più classico spuntino salato di mezzanotte, a base di patatine PiùGusto “paprika flavours”. La mia fame s’ingozza beffarda nell’oscurità della notte, colpendomi con un ultimo colpo di coda al profumino inaspettato di quel goloso muffin ai mirtilli scoperto posando l’acqua.
La mia fame mi stuzzica e mi supplica. Si prende gioco di me senza che io me ne renda conto. Mi confonde con una momentanea inappetenza davanti al succulento spettacolo di un pollo arrosto dorato alla perfezione. Mi lascia credere di essere stata soddisfatta dalla prima fetta di torta cioccolato e cocco e poi se ne sta lì tranquilla, per venti minuti buoni, anche trenta. Il tempo necessario per rilassarmi. Attende serena il momento propizio. Aspetta nell’ombra che cada l’ultima piccola resistenza di una mente votata alla regolarità. La mia fame si acquatta tra ammassi oleosi di bruschette improvvisate e campi incolti di verdure grigliate.
Si divincola tra i nodi di una carbonara ben caricata e saltella leggiadra da una patatina all’altra sulla distesa di alici marinate. Annaspa tra i resti di un cookie sbocconcellato e delle due Kinder Delice sbranate al volo tra una pubblicità e l’altra. Si mimetizza dietro quella fettina di prosciutto avvolta nella maionese (e, sia ben chiaro, non viceversa) e si muove circospetta tra il primo e il secondo giro di conchiglioni al forno, ripiegando alle prime avvisaglie di funghi gratinati.
Si calma finalmente. Riposa satolla per poi tornare all’attacco ancora più feroce di prima. E senza che io possa fare alcunché si abbatte su quell’ultima fetta di Asiago abbandonata a se stessa sul piano cottura. Oscilla indecisa tra il cesto di frutta stracarico al centro della tavola e il barattolo di dolcetti quasi vuoto accanto al microonde. Un movimento veloce, indolore. La mano consegna alla bocca il bottino recuperato: un mini Twix e una banana. Anzi due. Facciamo tre.
Tre banane perdio. E quando una preferisce la frutta al caramello vuol dire che non è più solo voglia di qualcosa di buono. Povero Ambrose.
Divoro selvaggia ogni genere di pietanza mi passi per caso sotto gli occhi. Trangugio insaziabile assaggi e antipasti, primi e secondi, contorni e consommè. Ingorda consumo in poche ore l’equivalente di una spesa settimanale per una famiglia di quattro persone.
I minuti passano e le provviste diminuiscono.
Mia madre ricerca senza successo quel barattolo di marmellata ai lamponi acquistato in mattinata. Mio padre mi osserva sbranare tre quarti di torta salata e ritira istantaneo la mano nel terrore di una mia forchettata forse accidentale, forse che no.
Ma per fortuna un altro weekend letargico è giunto al termine.
Le ultime riserve di cibo sono salve.
Il lunedì mattina mi soffermo davanti alla cassa della stazione, incapace di capire dove sia finito quel biglietto da cinquanta prelevato neanche 48 ore prima, quand’ecco che lo stomaco comincia a gorgogliare.
Una sola frase sovviene alla mente.
“Magari facciamo cinese, che almeno si risparmia.”

Vi prego, abbattetemi.

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6 risposte a Un lungo week end di fame

  1. Sciuscina scrive:

    Ehi ehi ehi, piano a trarre conclusioni. Il post è volutamente esagerato anche se so che per molte persone i disordini alimentari non sono affatto uno scherzo. è anche vero che le etichettature non sono mai state tanto facili come in questo periodo.

    Mentre prima c’era la tendenza a nascondere il problema, ora infatti si tende a puntare subito il dito (e qua mi riferisco al “che schifo”) come se chiunque fosse malato inconsapevolmente.

    Scusate, ma ci tengo a precisare che io sono sanissima, nessuna fame psicologica, nessuna perdita e riacquisto improvviso di peso, nessun segno sulle dita. Tante sapientone mi hanno già accusato di soffrire di disordini alimentari solo perché a mezzogiorno non mi accontento di un’insalatina.

    e va bene tutto ma essere anche finita in un blog che parla del problema mi urta un po’.

  2. odiobotero scrive:

    No, no, proprio per questo ho precisato che non necessariamente si riferiva a quello! Ma comunque ti assicuro che quello ceh a una “sana” sembra un’esagerazione retorica, può essere la normalotà per altri! Per questo non ho resistito a pubblicarlo, ma per stemperare gli ho dato un titolo ironico (“Un lungo week end i di fame” invece che “di paura”)…

  3. anonimo scrive:

    io quello ke cè scritto li lo faccio davvero e mi vergogno ma sono pronta ad ammetterlo senza falsi moralismi! io mangio, anzi mi abbuffo e credetemi non sono esagerazioni…

  4. Lovlin scrive:

    Purtroppo da un po’ di tempo soffro anche io di questa “malattia”. Non sono ancora sovrappeso ma sono ingrassata di 4 chili [sarebbe stati 10 ma compenso facendo ginnastica fino a non riuscire a camminare]. Quello che mi dà più fastidio è che addirittura la famiglia, i miei genitori, non considerano grave il problema e non lo valutano. Io ho desiderato MORIRE a volte. Ultimamente va un po’ meglio, anche se stamattina ci sono ricaduta. Ti sono vicina. Se hai voglia di fare quattro chiacchiere, sul mio blog c’è l’indirizzo msn ^^

  5. anonimo scrive:

    Le lacrime salgono veloci, rapide quanto le emozioni che le accompagnano, mi sento compresa, mi sento in colpa, mi sento ferita , mi sento crudele. Provo un sincero senso di dispiacere per la tua situazione ma non ti abbatterò mai, non vorrò mai distruggere tutto ciò che le abbuffate cercano di contenere, non vorrò mai cancellare la sensibilità ed il bisogno d’amore e la voglia di amare che questo porta con sè. Traspare da ogni riga che ho letto la luce che porti dentro, mi ha inondata di sincerità e di bontà e di solitudine, perchè non importa quanto ne parli, quanto tu possa condividerla, alla fine sei solo tu e il cibo, il tuo amico inseparabile di mille (dis)avventure , il carceriere ed il liberatore. Ho iniziato a mangiare a 14 anni, oggi ne ho 34. Molto è cambiato dentro di me ma la paura permane e con essa tutte le emozioni che non gestisco e che quindi ad essa mi riportano, insieme all’unico modo che io sembra aver imparato bene per

    contrastarla, per chiudere il buco nero che si apre all’improvviso e tutto fagocita, letteralmente poi, attraverso la mia bocca.Tuttavia qualcos’altro resta, imperterrito, imperturbabile a guardarmi da un me tanto profondo che non riescoa raggiungere : speranza.Lotto e lotterò ancora, tra terapie e medici sbagliati, tra rabbia e commozione, tra digiuni e vomito, tra abuffate e depressione. Lotto insieme a tutte voi, bellissime creature ferite, perchè c’è diritto ad esistere, con le nostre debolezze perchè nel giorno in cui smetteranno di ucciderci, ci renderanno più forti e sensibili.

    breath_it@yahoo.it

  6. Layla24 scrive:

    è anche vero che le etichettature non sono mai state tanto facili come in questo periodo. Mentre prima c’era la tendenza a nascondere il problema, ora infatti si tende a puntare subito il dito come se chiunque fosse malato inconsapevolmente.

    ho la stessa \”disturbante" impressione

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