Grassi sotto l’ombrellone

Di cosa parlano i giornali d’estate? Secondo voi….?

La Stampa 28/8/09

Non il cibo: l’obesità è controllata dai neuroni
Sarebbero due gruppi di neuroni a controllare i livelli di grasso nel corpo; questo almeno nei moscerini della frutta che però, secondo gli scienziati, è una cosa che avviene più o meno allo stesso modo che negli esseri umani.
I ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) suggeriscono così che i neuroni influenzano l’immagazzinamento del grasso, e quindi i livelli, da parte del cervello allo stesso modo nei moscerini della frutta che nei mammiferi.
Il cervello dei mammiferi prende le informazioni circa il l’immagazzinamento del grasso corporeo da ormoni come leptina e insulina, e risponde a tali informazioni inducendo cambiamenti nell’assumere cibo e nel metabolismo per mantenere costante il peso corporeo.
Gli scienziati hanno scoperto che mettendo a tacere questi neuroni i moscerini diventavano obesi, mentre quando venivano iperattivati i moscerini dimagrivano.
Nel caso specifico, mettendo a tacere un gruppo di neuroni si è verificato un aumento di appetito e assunzione di cibo da pare dei moscerini, con un corrispondente rallentamento del metabolismo e aumento della sintesi degli acidi grassi. Agendo su l’altro gruppo si è mostrato un similare rallentamento del metabolismo e un difetto nell’utilizzo delle scorte di grasso da parte dell’organismo.
Il passo successivo, annunciano i ricercatori, sarà quello di capire esattamente come i neuroni regolino i depositi di grassi e in che modo i due diversi gruppi di neuroni identificati in questo studio agiscano specificatamente, dato che regolano il processo in modi diversi.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Neuron”.

La Stampa 22/8/09

Con la luce si bruciano i grassi
La notizia arriva dai ricercatori dell’Università di Nottingham. La luce stimola il cosiddetto “grasso bruno” (quello “buon”) a bruciare le calorie e attaccare le riserve di zuccheri.
Il team di scienziati, coordinati dal dr. Michael Symonds, docente di fisiologia, ha scoperto come la luce influenzi l’attività del grasso bruno. Questo tipo di grasso il cui ruolo non è ancora del tutto chiaro, è presente in abbondanza nei neonati. Negli adulti però risulta poco attivo.
L’esposizione alla luce, tuttavia, sembra attivare l’attività del grasso bruno che agisce sulle calorie.
Per arrivare a queste conclusioni sono state coinvolte 3.500 persone di cui è stata documentata, mese per mese, la presenza del grasso bruno. È stata poi eseguita una correlazione in base ai cambiamenti della luce del giorno e della temperatura.
Dai risultati si è evidenziata la maggiore influenza sul tessuto adiposo (il grasso bruno) della luce diurna, anziché della temperatura. In più, pare che un’influenza significativa l’abbiano anche le stagioni. «Un meccanismo finora sconosciuto che potrebbe potenzialmente guidarci a nuovi trattamenti per la prevenzione o la cura dell’obesità» ha commentato Symonds.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Diabetes”.

La Stampa 5/9/09

Gli amici fanno ingrassare
Alla fine scopriremo che le calorie non c’entrano niente, che cominciare la giornata con mezzo chilo di bacon affogato nelle uova fritte e terminarla con un barattolo di nutella morettiana è indifferente al giudizio dell’ago di bilancia. Il segreto non è che cosa mangiamo ma come e con chi. Secondo gli scienziati americani la dieta funziona come la comunicazione: il mezzo conta più del messaggio.
Prendete la tempistica. Guai ad assecondare i morsi della fame ignorando l’orologio. Una ricerca dell’università dell’Illinois pubblicata dal Journal of Obesity Society rivela che i grassi si trasformano in chili in modo differente durante l’arco delle 24 ore. Uno snack che al mattino è assimilato al 20%, la sera pesa il 48%. Ragion per cui, nel manuale della linea perfetta, i carboidrati hanno il coprifuoco alle 20 e lo spaghetto di mezzanotte è un lusso da longilinei a prova d’abbuffata.
L’orologio biologico vanta precisione svizzera, spiega l’autrice dello studio, Deanna Arble: «I lavoratori turnisti sono particolarmente a rischio perché i loro orari irregolari li obbligano a mangiare al di fuori del ritmo naturale del corpo». L’obesità è un problema che riguarda 300 milioni di persone.
E’ sufficiente dunque far colazione come un re, pranzare come un principe e cenare come un povero, secondo le antiche usanze contadine, per scongiurare la sfida dello specchio? Niente affatto, ammonisce l’American Journal of Critical Nutrition. Mentre il ministero dell’Istruzione britannico inaugura l’anno accademico bandendo il burro dalle mense, la Bibbia dei nutrizionisti mette in guardia dalle cattive amicizie. Dopo aver osservato un campione di bambini tra i 9 e 10 anni, gli scienziati Usa hanno concluso che il comportamento alimentare muta in funzione dei compagni di merenda. S’ingrassa con maggior facilità mangiando assieme ad amici che con estranei: spalleggiato da un amico sovrappeso l’organismo assimila fino a 300 calorie in più rispetto a un amico magro.
«L’obesità può essere contagiosa», ammette al Time la psicologa Sarah-Jeanne Salvy. Una ricerca realizzata nel 2007 dall’università di Harvard mostra che le possibilità d’ingrassare oltre la soglia medica consentita aumentano del 37% se il coniuge è sovrappeso, del 40% se lo è un fratello o una sorella, del 57% se lo è un amico.
Un’inchiesta del mensile Appetite svela quanto pesa il cibo nel gioco della seduzione. Quando una donna è seduta al ristorante di fronte a un uomo ingerisce 100 calorie in meno di quando è con una donna. La presenza dell’altro sesso al desco femminile è inversamente proporzionale all’assimilazione di grassi: più maschi ci sono a tavola meno il cibo sedimenta su pancia e fianchi. «Eccediamo quando siamo in compagnia di persone simili a noi con cui ci concediamo una sorta di reciproco permissivismo», commenta il sociologo dell’alimentazione Jeffrey Sobal. Inutile poi imbottirsi di farmaci, come fanno molti bambini britannici obesi. Non è quel che ingeriamo che fa la differenza, parola di bilancia.

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